mercoledì 14 aprile 2010

RIFLESSIONI E CRITICHE SULLE TENSIONI STUDENTESCHE...

I FATTI:

Martedì 13 aprile, durante la riunione plenaria della Consulta Provinciale degli Studenti fiorentina, una ventina di autonomi appartenenti alla Rete dei Collettivi ha fatto irruzione cercando di leggere un volantino e lanciando slogan contro i “fascisti” presenti in aula. La Consulta, lo ricordiamo per dover di cronaca è l’organo istituzionale democraticamente eletto dagli studenti all’interno del quale le rappresentanze di ogni Istituto della Provincia esprimono, propongono ed approvano progetti inerenti la vita studentesca. La Consulta è eletta, appunto, da tutti gli studenti, che ne votano i membri scuola per scuola.

KAFKIANAMENTE MUTANDO…

Dallo scorso ottobre, per la prima volta, Azione Studentesca – movimento della destra giovanile vicino ad Azione Giovani e Casaggì Firenze – ha ottenuto la maggioranza dei seggi e preso la Presidenza dell’organo. Questo è bastato per fare della Consulta un organo inutile, deleterio e da legittimare. Nei precedenti decenni, quando era appannaggio bulgaro della sinistra radicale era ovviamente un luogo di confronto e di apertura indispensabile e propositivo. Fino allo scorso anno la sinistra radicale avrebbe ucciso per difendere la legittimità della Consulta, oggi vorrebbe uccidere chi ne fa parte. Una metamorfosi che lascerebbe di stucco perfino il buon Franz Kafka. Nel loro sito, curioso sfogatoio di rancorosi e brufolosi in preda agli ormoni che urlano contro padroni e polizia, si va dicendo che la Consulta è un “allevamento di politicanti”. Lo stesso, scommettiamo, non direbbero dei Consigli di Facoltà Universitari dove i loro compari più cresciutelli vantano maggioranza bulgare e dove – statuti e carte alle mano – si decide molto meno e con molta meno facilità di quanto non accada nell’organo adibito alle superiori. Quello sarà certamente un allevamento di rivoluzionari. Ma d’altronde, si sa, loro sono auto-organizzati e vivono le strade. Lo sono così tanto che godono dei favoritismi di Presidi conniventi, professori faziosi e burocrati sistemati da quel sistema di potere locale che permette loro ogni sorta di bivacco e di scorribanda. Del resto è stata la stessa Preside dell’Istituto Elsa Morante, quello nel quale si svolgeva la plenaria interrotta, a cercare con ogni mezzo che i rivoluzionari del duemila subissero danni legali o fisici. La solidarietà militante, evidentemente, è viva e lotta insieme a noi. Anzi, a loro.

QUESTIONE DI PSICHIATRIA…


Della retorica antifascista abbiamo parlato parecchie volte ed è ormai noto anche ai muri che questa viene usata come collante di un mondo – quello della sinistra radicale – che pare finalmente essere destinato ad una sana auto-estinzione. Che altro possono dire dal momento che i pilastri stessi della loro prassi sociali sono stati sgretolati dalla storia e non hanno più modo di ripresentarsi? Non si penserà mica che di Marx ne nasce uno ogni dieci anni? Sono fermi alla fine dell’800 e si aggrappano con le unghie e con i denti ad un mondo che li ha letteralmente lasciati a piedi, relegandoli allo psicodramma di una ghettizzazione che non avrebbero mai potuto immaginare. L’antifascismo, oggi più di ieri, è una branca della psicanalisi: se il Fascismo è giusto lasciarlo agli storici, per l’antifascismo occorrono gli psichiatri. La continua ricerca dell’alimentazione dell’odio sociale e politico è una piaga che trova la propria ragion d’essere in una idiozia che, prima di essere politica, attinge alla sfera della debolezza mentale. L’antifascismo, nelle forme di cui sopra, è una forma di pregiudizio tra le più imbecilli. Fa specie, ed è in odore di ossimoro, che lo si perpetri nel nome dell’antirazzismo e della valorizzazione delle differenze. Fortuna vuole che la strada sia comunque quella dell’auto-estinzione, poiché fin quando i metodi e le parole d’ordine continueranno ad essere questi, la fossa se la scavano da soli. E a noi, sinceramente, risparmiano una bella faticaccia.

POPOLO? PROLETARIATO? METTI MANO ALLA PISTOLA!

Quando certi atti, puerili e vuoti nella forma e nella sostanza, sono compiuti in nome del Popolo, ci sarebbe da ridere o da incazzarsi di brutto. Certa gente, che dice di starsene a sinistra per moda, avrebbe da dilettarsi con la lettura del Pasolini, che sull’argomento ha lanciato invettive proverbiali e ha cantato una Valle Giulia come pochi altri avrebbero fatto. Perché da almeno una cinquantina d’anni, in questo benedetto paese, chi ammazzava nel nome del Popolo non lo rappresentava nemmeno per sbaglio. Il Popolo è differenza, unione e sintesi, Comunità e integrazione di stili, individualità e humus. Il Popolo è fatto di gente ordinaria e normale, gente che di irruzioni e di giornate perse a bighellonare tra i cani e i tamburelli ne ha le palle piene. Il Popolo, che certo non pretendiamo di incarnare neanche noi, non ha proprio niente a che fare con certe pratiche e con certi microcosmi. Sarebbe sociologicamente interessante l’analisi del perché l’emarginazione e l’auto-esclusione siano direttamente proporzionali all’utilizzo della parola “tutti”: più si è esclusi e più si pretende di essere interpreti delle volontà degli altri. Se non altro, va detto, è bizzarro che un’accolita di disperati assurga al rango della volontà popolare e che non solo lo nomini (il Popolo), ma pretenda anche di esserlo. L’umiltà, certamente, latita. E quando questi signori, ben riconoscibili per via dei panni che da trent’anni le mode del loro ambiente – ovviamente benedette dal libero mercato – hanno loro imposto, vi cianciano di proletariato…mettete mano alla pistola! Giacchè l’accolita di disperati di cui sopra il proletariato lo ha visto su History Channel e siccome Firenze ha il viziaccio d’esser piccina, un giro sotto le ville e i loft dei lorsignori farebbe riflettere alquanto. Come del resto fa riflettere quanto sia visibile la loro presenza soltanto in quei licei del centro storico dove la Firenze che conta manda i propri figli a studiare il latino, nella speranza che seguano le orme che il buon nome di famiglia ha generosamente indicato. Di questi proletari d’assalto, tra le marmitte e i cacciaviti dei “Centri di Formazione Professionale” delle periferie, non se ne vede nemmeno l’ombra.

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