lunedì 28 febbraio 2011

CASAGGì RICORDA MIKIS MANTAKAS









Questa notte i militanti di Casaggì hanno ricordato Mikis Mantakas, nell'anniversario della morte. Un migliaio di locandine sono state affisse in città , richiamando quell'Europa libera, armata e sovrana che Mikis voleva costruire. Non ebbe il tempo e il modo di farlo in prima persona, a causa di una morte prematura procurata da assassini senza umanità, ma il testimone ideale di quelle volontà è stato raccolto e continua a bruciare. 


giovedì 24 febbraio 2011

CASAGGì UNIVERSITA': DILANIARE IL MONDO DEGLI UGUALI!





Questa notte le facoltà fiorentine sono state tappezzate con le nuove locandine di Casaggì Università. Il nucleo studentesco della destra non conforme inizia il proprio percorso militante con un’azione fisica sul territorio. Prima lezione: dilaniare il mondo degli uguali. Un proposito alto, ideale, di riformare l’università partendo anzitutto dal materiale umano che la compone: dare contenuti, costruire avanguardie di pensiero e di stile, produrre uomini e non numeri, uccidere l’università azienda della burocrazia e dell’omologazione. Una battaglia folle e azzardata, quindi adatta a noi. Nei prossimi giorni verranno lanciate le nuove campagne, i programmi, i nuclei e le iniziative. Dopo aver balcanizzato le scuole fiorentine, sbarchiamo in facoltà. E ne vedremo delle belle!


























lunedì 21 febbraio 2011

17 MARZO FESTA NAZIONALE: VITTORIA!

Nei giorni avevamo chiesto al Ministro Gelmini di fare un passo indietro e riconoscere la festività del 17 marzo, data che ricorda il 150° annivrsario dell'Unità d'Italia, chiudendo le scuole. Alla fine ci ha ascoltati, anche grazie alla volontà della massime cariche del Governo...




CASAGGì: L'ALTERNATIVA AL DESERTO...

giovedì 17 febbraio 2011

CASAGGì RICORDA JUNGER: DUEMILA MANIFESTI E UN MONITO AI GIOVANI...


Questa notte, 17 febbraio 2011, i militanti di Casaggì Firenze e Giovane Italia hanno ricordato Ernst Junger, nell’anniversario della morte. Sotto una pioggia scrosciante duemila manifesti recanti il suo nome, la sua effige ed una sua frase sono stati affissi davanti a scuole, università e i luoghi di aggregazione giovanile in tutta la città. L’azione compiuta non vuole essere soltanto un momento commemorativo verso un grande pensatore e un grande Uomo, ma anche e soprattutto un monito alle giovani generazioni, nell’esempio da lui tracciato.

Junger fu il testimone di un secolo, l’interprete vivo e anticonformista di un tempo – il Novecento - carico di dolori, ma anche di idee e di passioni, di miti e di Rivoluzioni. Fu animatore della Rivoluzione Conservatrice Tedesca e un letterato tra i massimi che il nostro continente abbia mai conosciuto.

Ci ha trasmesso, con l’esempio e con le parole, un’idea della Guerra come atto eroico, come dono volontario, come sacrificio vitale che però conosce la pietas e dà spazio ai sentimenti, all’emozione e al trasporto. Le sue metafore e le sue considerazioni sulle “tempeste d’acciaio” della Grande Guerra sono e restano di tremenda attualità per la comprensione dei conflitti moderni. L’accento posto sul coraggio e sulla tempra del soldato, ci riconduce ad una dimensione dell’Uomo che verte allo Spirito, alla mistica, all’Azione, al superamento di sé stessi contro la meccanizzazione dell’esistenza e la tecnocrazia rampante. La sua idea dell’operaio, poi, ha segnato un’epoca. Non parla, Junger, di un operaio appartenente ad una classe o vicino ad una visione economicista, ma di un individuo libero, troppo spesso ancora oggi assente laddove regnano le regole del profitto e dello sfruttamento.

Riprendendo le parole di Marco Iacona potremmo dire che l’uomo che intendiamo porre come riferimento “si delinea in senso essenzialmente dualistico: erede diretto del soldato, dell’asceta guerriero e principio cardine e chiave di lettura ontologica. Figura a un tempo storica e astorica: nato ma destinato a mai perire. Il soldato è una figura empirica, occasionale, l’operaio invece è una figura quasi metafisica. Eroi entrambi. L’uno legato ai fatti di guerra, l’altro simbolo d’una nuova era. Soldato e operaio: due figure diverse dunque. Due entità poco confrontabili, misure e tempi che non coincidono. Ma c’è una cosa in comune: lo sforzo jüngeriano di eternizzare la posa del combattente, di trasferire lo spirito della vittoria nello spirito del dominatore civile, nell’uomo moderno tout court. In questo senso possiamo considerare Der Arbeiter un libro di guerra messo su in tempo di pace. Al soldato s’addice la “tempesta” (l’alternarsi degli elementi: comincia a tempestare, finisce di tempestare…), l’operaio è invece legato all’“acciaio”, al panorama d’una modernità tipologica al confine tra fisica e metafisica”.

A Junger siamo debitori anche di un’altra magnifica figura: quella del Ribelle. Il suo Ribelle ha fatto sognare intere generazioni di militanti, fornendo utili spunti per un “passaggio al bosco” oltre le imposizioni di una modernità soffocante, debole, bassa, edonista e vile. Quell’anarca identitario è anche un nostro manifesto, l’emblema di una scelta di vita che dovremmo cercare di onorare al meglio. Il soldato, l’operaio e il ribelle. E’ questo il messaggio che vorremmo dare alla nostra generazione, oltre i falsi modelli del mercatismo e dei mezzi di distrazione di massa.

Tra il grigio delle pecore si celano i lupi, vale a dire quegli esseri che non hanno dimenticato che cos’è la libertà. E non soltanto quei lupi sono forti in se stessi, c’è anche il rischio che, un brutto giorno, essi trasmettono le loro qualità alla massa e che il gregge si trasformi in branco. E’ questo l’incubo dei potenti”.





domenica 13 febbraio 2011

QUALI DONNE, QUALI DIRITTI? CASAGGì RISPONDE ALLE PROTESTE FEMMINISTE...


L'Italia è un paese strano. Un paese nel quale le donne, nel 2011 e con tutto ciò che vediamo attorno, reclamano dei diritti che neanche conoscono. Quali diritti? Cosa vi manca? Cosa non avete ancora? E perchè scendere in piazza come donne, mettendo ancora in essere quella politica delle specie, delle parti, delle fazioni, dei generi...

Ma quali donne vogliono essere, le donne che battono le mani sulle pentole nelle piazze italiane? Perchè una Donna che sia tale, è Donna tutti i giorni. Non è Donna una volta ogni quattro anni quando un partito di opposizione comanda la fanfare di piazza contro la maggioranza di governo. Oggi, l'esser Donna, non ha niente a che fare con le maggioranze e le minoranze dei governi. Le cinquantenni inacidite e le quindicenni alle quali sono stati messi in mano dei cartelli con scritto "Sono donna e dico basta", sono un grottesco spettacolo da circo. Oggi è una scelta personale: avete voluto tutte le libertà di questo mondo e adesso che vi manca? 

Avete voluto la libertà di abortire, e potete anche usarla come anticoncezionale. Per di più, chi vi ingravida, non è neanche tenuto a saperlo. Facendolo, però, avete sacrificato la vostra dignità di madri sull'altare della presunta libertà sessuale (se solo aveste studiato meglio l'antichità, in materia di libertà sessuale..). Avete avuto tutto e molte di voi sono finite ad esibirlo in tv, sui cubi delle discoteche, nelle riviste patinate. 

Un tempo eravate nelle piazze a gridare gli slogan sul vostro utero e sulla libertà sessuale; oggi siete a fare la guardia al peggior bigottismo, quello che si scandalizza per qualche scopata vera o presunta e grida alla crisi di Stato. Avete preso il peggio dagli uomini che vi accompagnavano in quegli anni: quelli che blateravano l'abbattimento del sistema capitalista e sono finiti a lavorare nelle banche, negli enti statali, nelle università. I rivoluzionari a tempo determinato, che hanno dismesso il passamontagna per indossare la cravatta. 

Agitate la piazza a colpi di morale. Ma chi siete, voi? Chi vi ha investite della possibilità di guardare gli altri dall'alto in basso e dire cosa è giusto, cosa è sbagliato, cosa manca e cosa serve? Quanto pagheremmo per vedervi, fragili come tutti gli altri, nella vostra intimità di mogli, di amanti o di partner. Quanto ci piacerebbe constatare se questa morale a comando è davvero una morale integrale che vale ogni santo giorno e alla quale avete dedicato una vita. Perchè di solito, chi è superiore, non scende in piazza a dirlo: lo è, punto e basta. Si limita ad esserlo, non si sforza di sbandierarlo. 

Avete reclamato il lavoro, giustamente. Ma siete finite alle quote rosa: come se, per garantirvi da mangiare, aveste bisogno dei posti prenotati, della raccomandazione di Stato. Come se, ancora una volta, le differenze di sesso e di genere interessassero solo a voi. Se è la parità, l'obiettivo, che almeno ci si misuri ad armi pari. Non vi pare?

E si tappi immediatamente la bocca chi crede che, certa destra militante e sociale alla quale apparteniamo releghi la donna alla mansione di angelo del focolare. Uno sguardo disinteressato e sincero alla nostra storia, dove di diritti delle donne si è sempre parlato anche oltre l'opportunismo politico, renderebbe bene l'idea. Ma è l'idea di Donna che cambia: da una parte, la vostra, ci sono le casse di risonanza del peggior progressismo a priori, dalla nostra i sacrifici silenziosi e nobili, la fedeltà, la difesa della vita, il merito e la capacità di essere organicamente inserite in una Comunità, senza pretendere e senza sbuffare. 

La vera libertà è  libertà da se stessi. 

mercoledì 9 febbraio 2011

CASAGGì FIRENZE: AZIONE IN RICORDO DI PAOLO DI NELLA!

9 febbraio 2011

Questa notte i militanti di Casaggì Firenze e della Giovane Italia hanno ricordato Paolo Di Nella, militante del Fronte della Gioventù ucciso dall’antifascismo nel 1983. Duemila manifesti recanti il suo nome ed una frase in sua memoria, sono stati affissi in ogni strada, in ogni scuola, in ogni facoltà ed in ogni luogo di aggregazione giovanile della città e dei principali comuni della Provincia fiorentina. Paolo, la notte del 2 febbraio 1983, era in affissione per le strade di Roma, assieme ad un’altra militante dell’allora movimento giovanile del MSI. Due persone, da dietro, lo aggredirono mentre era intento ad affiggere un manifesto, colpendolo alla testa con un corpo contundente. Morì il 9 febbraio, dopo una settimana di agonia.

Al suo capezzale, per la prima volta, accorse anche l’allora Presidente Repubblica Sandro Pertini, sancendo di fatto la fine di quel muro di omertà e di connivenza che per decenni aveva relegato ai margini la gioventù nazionalrivoluzionaria, lasciando che il triste motto “uccidere un fascista non è reato” non fosse soltanto una macabra pratica extraparlamentare, ma anche un fine voluto e cercato da chi apparteneva all’arco costituzionale e, talvolta, anche agli organi di Stato. Paolo morì mentre compiva un gesto nobile, di milizia e di libertà. Morì affiggendo un manifesto per Villa Chigi, uno spazio all’epoca abbandonato e degradato, che il Fronte della Gioventù si batteva per rendere alla cittadinanza sottoforma di comunità di quartiere e luogo sociale. Molti anni dopo, grazie anche al percorso intrapreso dalla destra politica che ha portato molti suoi compagni di lotta a far parte delle Istituzioni, quello spazio è stato restituito alla gente e porta oggi il suo nome.

Paolo fu ed è l’esempio di una militanza fatta di idee, di ribellione, di innovazione, di irriverenza, di grandi temi, di passione, di sacrificio e di lotta. Una vita vissuta appieno, che qualcuno ha stroncato prematuramente, ma che ha comunque lasciato un segno indelebile in chi, ancora oggi, sogna di portare avanti quel testimone ideale. Il suo ricordo non è soltanto la tradizione identitaria di una parte politica, ma dovrebbe essere un monito a tutto il paese: quello di sostituire l’odio cieco con l’amore per il dono di sè. Un insegnamento anche a chi, trent’anni dopo, vorrebbe trasformare la competizione politica in una guerra per bande.

Io combatto anche per te, uomo qualunque, ma tu non mi ascolti.
Io muoio anche per te, uomo qualunque, e tu mi disprezzi.
Perché? Non importa.
I miei occhi malinconici,
la mia splendente giovinezza,
il mio caldo sangue color rubino:
io te li dono, uomo qualunque.
Io non ho le tue ricchezze,
non voglio per me il tepore accogliente della tua casa.
Tutto ti lascio, anche la mia vita”.

domenica 6 febbraio 2011

5/2/2011: A MIGLIAIA IN CORTEO CON CASAGGì PER I MARTIRI DELLE FOIBE


Sabato 5 febbraio 2011, a Firenze, è stata scritta una pagina di storia. In una città che l’oltranzismo progressista sbandiera come propria roccaforte, diverse migliaia di persone hanno sfilato sotto le insegne tricolori per ricordare i martiri delle foibe e gli esuli istriani, giuliani e dalmati.

Hanno sfilato silenziosi e composti, in un numero che questa città non aveva mai conosciuto nella manifestazioni promosse dalla destra politica. Hanno sfilato emozionati, quasi increduli nel guardarsi attorno e vedere quante cose sono cambiate in questi anni. Ciò che un tempo era tabù è oggi una realtà concreta, viva, reale. La memoria di chi è stato ucciso senza colpa non è più relegata ai margini, ma sta entrando a far parte del vissuto quotidiano di un popolo, come hanno testimoniato le decine di tricolori sventolate al nostro passaggio da finestre e balconi.

La commozione dei sopravvissuti all’esodo e dei familiari delle vittime assassinate dai partigiani comunisti titini si è unita a quella delle migliaia di cuori liberi che spontaneamente hanno risposto al richiamo della piazza. C’erano davvero tutti: generazioni di militanti fianco a fianco, famiglie coi bambini per mano, giovani e giovanissimi in prima fila, cittadini ed esponenti politici di ogni livello. In piazza non c’era una fazione riottosa o una costola di partito: c’era il popolo in tutte le sue sfumature.

Il richiamo di Casaggì, che come ogni anno ha lanciato il corteo risvegliando Firenze dal solito torpore, ha trainato tutto e tutti. Ed è stato un fiume in piena, di quelli che difficilmente si dimenticano. Le minacce cadute nel vuoto ed i contro cortei con un decimo dei nostri partecipanti, poi, sono la ciliegina sulla torta di una giornata memorabile.

Una giornata partecipata e fitta di gente, ma che è stata resa possibile da chi si è letteralmente sacrificato alla causa per un mese intero tra volantinaggi, affissioni, assemblee, conferenze, riunioni, manifestazioni, dibattiti e azioni di propaganda.

Una giornata resa possibile dalla partecipazione delle migliori realtà identitarie che questa Toscana non conforme ha messo in piedi: trasversalmente e con il migliore spirito di sempre. Un grazie, ovviamente, ai militanti di Casaggì, ai ragazzi della Giovane Italia, di Studenti per le Libertà, di Azione Universitaria, di CasaPound, Colle Oppio e Nes; ai tanti fratelli che popolano che questa grande Comunità di destino e di lotta; a chi non ha mai mollato un metro e non ha mai chiesto niente, donando sé stesso a qualcosa di più grande. Un grazie, infine, a Giorgia Meloni e Anna Grazia Calabria, che ci hanno onorati della loro presenza e delle loro parole.

Una bellezza terribile è in marcia, con buone gambe e una tremenda voglia di camminare.
Sursum corda!