domenica 6 marzo 2011

CASAGGì FIRENZE: HARD ROCK ENNESIMO PASSO VERSO LA CITTA' VETRINA!


A Firenze arriva l’Hard Rock Cafè. Al posto dello storico cinema Gambrinus, ormai chiuso da tempo, sorgerà il famoso locale dedicato alla musica. Giubilo e attesa da parte di tutti, come era prevedibile. Eppure è giusto fare qualche riflessione a margine, probabilmente inutile e anche poco gradita, ma quanto meno sincera.

Il centro storico della nostra città è una vetrina: negozi, marche e loghi la fanno da padroni. Le attività storiche della nostra città, che per decenni hanno fatto da sfondo al susseguirsi delle generazioni e delle stagioni, chiudono i battenti.

Il segno dei tempi, si dirà, ma l’amaro in bocca resta. Perché quando passeggi per le strade della tua città e le trovi tremendamente simili a quelle di una qualsiasi metropoli internazionale, ti rendi conto che quella globalizzazione tanto annunciata ha iniziato a logorare con impeto crescente anche il tuo immaginario.  

Restano i nostri monumenti, che paiono degli scheletri di maestosa bellezza fuori dal tempo, ultimo baluardo di un Rinascimento umano e artistico che sembra essere spazzato via dall’appiattimento rampante, dal mito del progresso, dal Dio Denaro, dalla mercificazione costante delle cose e delle anime, da quel rapido processo di omologazione che divora le differenze, le specificità, le tradizioni e i costumi.

Fa quasi impressione, a guardarlo bene, la cupola del Brunelleschi: un’opera unica, circondata da griffe e nomi, da insegne luminose, da quartieri multietnici che si allargano a vista d’occhio; sembra quasi una caricatura, messa lì per alimentare quel circolo di vizioso di scontrini e di luci. Stessa sorte per il povero Dante, che la sera guarda sconcertato il bivacco idiota di chi ha preso i gradini di una meraviglia mondiale per un pisciatoio a cielo aperto.

Fai qualche passo e arrivi a San Lorenzo, oggi ridotto a spettro di una società che cerca forzatamente di inculcare una tolleranza impossibile, illudendosi di poter mescolare tutto e il contrario di tutto in nome di una ipocrita accoglienza che presto si traduce in manodopera a basso costo, quartieri ghetto, delinquenza e fondamentalismi di ogni risma. Ma l’imperativo è fingere e sorridere, almeno fin quando non implode il sistema…

Poco e nulla resta delle specificità rionali, delle piccole e grandi leggende di strada, dei tanti angoli nascosti, delle voci di strada e della forza popolare. Resta poco dell’orgoglio di quartiere, delle serate a parlare su una panchina, del panino e del bicchiere di vino buono, del sapersi accontentare. Resta poco e nulla di quello che Firenze, cocciuta e bella, è stata per secoli.

Da oggi c’è anche l’Hard Rock. Abbiamo multinazionalizzato il vestire, il parlare, il mangiare, il bere, l’ascoltare, il vivere, il giocare, il leggere, il guardare. Perché se mangi come vogliono loro e ti diverti come vogliono loro, ti dimentichi del resto. Un po’ di musica e una magliettina uguale da Londra a Pechino: poco importa se le tue strade sono una giungla di nomi che non appartengono alla tua storia. E poi, ovviamente, ci sono i 120 posti di lavoro messi a disposizione, che rendono sopportabile e auspicabile qualsiasi cosa e riducono al silenzio qualunque voce critica. 

Si dirà che nessuno è obbligato ad andarci, che questo è ciò che tutti vogliono, che non c'è niente di male e che finalmente anche a Firenze ci si diverte. Benissimo, sono tutte puntualizzazioni legittime. Lungi da noi fare la guerra all'ovvio. 

Ma se un giorno, guardandovi attorno, non riconoscerete in niente quella città che vi ha cresciuti, pensate a quando era ancora possibile salvarla. 

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